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11 mesi agoon
Una transizione energetica è necessaria, ma c’è ancora qualche ostacolo da superare. Quando si parla di transizione si pensa molto ad un cambiamento nelle macro reti di fornitura dell’energia e si sottovaluta il potenziale delle micro-reti e dell’auto consumo dell’energia.
L’autoconsumo può avvenire su più livelli:
Approfondiamo insieme cosa sono e in cosa consistono le comunità energetiche.
Le comunità energetiche non sono altro che associazioni di cittadini, attività commerciali, autorità locali che, unendo le proprie forse, si dotano di impianti di energie rinnovabili (eolico, micro-eolico, solare, micro-idroelettrico, etc) raggruppate in un unico luogo, per la produzione e l’autoconsumo di energia.
Una comunità può scegliere di utilizzare energia prodotta dalle fonti rinnovabili – insieme a generatori di energia di riserva e punti di accumulo e gestione del carico – permettendo alla comunità stessa di usufruire dell’energia.
Più semplicemente: un singolo può decidere di installare un pannello fotovoltaico sul tetto, utilizzare l’energia prodotta per le proprie necessità, se il bilancio è positivo, può decidere di vendere l’energia prodotta in eccesso. Come può funzionare per il singolo, funziona anche per la comunità.
Insomma, un’offerta locale per soddisfare una domanda locale, massimizzando lo sfruttamento dell’energia prodotta da fonti rinnovabili, permettendo meno dispersione nel processo di distribuzione e un sistema di stoccaggio di ridotte dimensioni ed efficiente.
In Italia è stato dato il via libera alla creazione di comunità energetiche dal decreto Milleproroghe grazie al quale, cittadini, catene di negozi, enti territoriali e aziende potranno dotarsi di impianti condivisi, con una potenza complessiva inferiore a 200 kW, per la produzione di energia, il suo consumo immediato o lo stoccaggio in sistemi di accumulo.
Ecco il procedimento per la costituzione di una comunità energetica:
Per far parte di una comunità energetica si può essere sia prosumer (chi produce energia e la rivende, oltre che utilizzarla) o anche solo come consumer (purché i punti di prelievo elettrico siamo collegate alla stessa cabina di trasformazione).
Gli iscritti alla comunità ottengono benefici che non costituiscono reddito dal punto di vista fiscale. Si tratta di circa 169 €/MWh per almeno 20 anni, con un ritorno dell’investimento stimato in pochi anni. Le tariffe per lo scambio dell’energia prodotta vengono individuate dall’ente apposito, il GSE.
I benefici derivati sono molti:
A livello mondiale ci si aspetta un forte successo per lo sviluppo delle comunità energetiche: in rapporto di Guidehouse Insights del 2000 prevede l’avviamento di 6.610 progetti e l’espansione del mercato delle microreti da 8,1 a 39,4 miliardi di $ entro il 2028. Le regioni del mondo in cui si assisterà un maggiore crescita sono quelli dove c’è una mancanza di robuste infrastrutture di rete come: India, Australia e America latina.
Inoltre, negli ultimi anni, la povertà energetica sta assumendo un ruolo sempre più importante e le comunità energetiche potrebbero essere una delle soluzioni per contrastarla. Non si tratta solo di Paesi in via di sviluppo: secondo l’Osservatorio della Commissione Europea l’Italia è uno dei paesi dove le famiglie hanno più difficoltà a pagare le bollette di luce e gas.
Con una penetrazione del 5% delle 500mila comunità energetiche potenziali in Italia, si potrebbe avere un beneficio economico complessivo di 2 miliardi di euro l’anno con un risparmio di 3,6 milioni di tonnellate di CO2 (fonte: The European House Ambrosetti).
E non è tutto: anche le grandi società che fanno parte delle macro-reti potrebbero trarne vantaggio evitando di costi per ulteriori impianti a carbone e frenare l’uso di generatori di picco costosi e inquinanti. Sarebbe inoltre un modo per creare posti di lavoro. In Bangladesh sono stati installati quasi 3,6 mln di sistemi solari domestici nel 2015, che hanno generato 115 mila posti di lavoro diretti e 50 mila indotti.
Ci sono già degli esempi importanti di sviluppo di microreti e comunità energetiche in Europa.
Friburgo: una comunità da 59 case, la prima al mondo ad avere un bilancio energetico positivo con un profitto di 5600 $ ogni anno per ogni casa.
Sardegna: in provincia di Cagliari è stato lanciato nel 2019 un progetto sperimentale che utilizza pannelli solari per alimentare una zona industriale. Gli studi danno riscontri positivi per ora, con una previsione di piena capacità di soddisfazione del fabbisogno energetico.
Veneto: dalla collaborazione tra Coldiretti Veneto e la società ForGreen (un’associazione di 514 aziende e possessori di impianti a energia rinnovabile) è nata la prima comunità energetica agricola veneta. Qui l’energia viene prodotta sia in autoconsumo sia per cederla a terzi, con un risparmio di circa 6.364 tonnellate l’anno di CO2
Le comunità energetiche non sono solo un sistema intelligente per lo sviluppo delle energie rinnovabili nel mondo, ma anche un potenziale buster per la crescita economica di paesi in via di sviluppo.
Ecco la nuova frontiera dello sviluppo della transizione energetica!