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Climate Change

Inquinamento e Coronavirus: uno studio rileva la correlazione

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Inquinamento e Coronavirus: secondo lo studio della Società italiana di medicina ambientale (Sima) le polveri sottili potrebbero aver facilitato la diffusione del Covid19 in Italia. 

L’emergenza coronavirus in Italia sta mettendo in seria difficoltà il Paese con particolare problematiche per quel che riguarda il sistema sanitario nazionale. I contagiati sono oltre 30 mila, la maggior parte dei quali nella zona nord est della Penisola, tra tutte la Lombardia e il Veneto.

Ma perché il coronavirus ha avuto una così solida diffusione nel nostro Paese? Anche se è ancora presto per stabilire le cause scatenanti, uno studio condotto dalla Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) in collaborazione con l’Università di Bari e di Bologna ha rilevato una correlazione tra i livelli di inquinamento e la diffusione del Covid19.

Incrociando i dati dell’Arpa e i rilevamenti delle Agenzie della Protezione ambientale con i dati dei contagi forniti dalla Protezione Civile, è emerso che nel periodo che va dal 10 al 29 Febbraio, le centraline di rilevamento collegate in tutte le province italiane hanno registrato il superamento continuo dei limiti previsti per legge per quel che riguarda la concentrazione di particolato PM10 (50 microg/m3 di concentrazione media giornaliera). Esisterebbe quindi una relazione tra livelli di inquinamento e contagi da Covid19, tenendo conto che l’esplosione dei contagi è avvenuta nei primi giorni di marzo, coerentemente con il periodo di incubazione del virus che può arrivare a 14 giorni.

Come possiamo vedere dal grafico, i superamenti dei livelli di inquinamento consentiti corrispondono a un elevato numero di contagiati.

inquinamento e coronavirus

Nel dettaglio, la Pianura Padana (una delle zone con i livelli maggiori di PM10 d’Europa) ha visto la crescita esponenziale dell’infezione due settimane dopo che sono stati registrati alti livelli di concentrazione di polveri sottili nell’atmosfera, portando a conclusioni, per adesso parziali, che evidenziano una forte correlazione tra le due variabili e un effetto vettore (“carrier”) delle polveri per il coronavirus che ne avrebbero facilitato la diffusione perché il virus attraverso una particolare coagulazione riuscirebbe ad “attaccarsi” al particolato, rimanendo nell’aria per un periodo molto più lungo del normale.

A sottolinearlo è anche Leonardo Setti dell’Università di Bologna che si è espresso in questo modo: “Le alte concentrazioni di polveri registrate nel mese di febbraio in Pianura padana hanno prodotto un’accelerazione alla diffusione del Covid-19. L’effetto è più evidente in quelle province dove ci sono stati i primi focolai”. A fare eco alle sue parole anche le dichiarazioni di Gianluigi Di Gennaro dell’Università di Bari: “Le polveri stanno veicolando il virus. Fanno da carrier. Più ce ne sono, più si creano autostrade per i contagi. E’ necessario ridurre al minimo le emissioni, sperando in una meteorologia favorevole”.

La correlazione tra coronavirus e inquinamento esisterebbe anche secondo Alessandro Miani, presidente della Sima, che, in attesa di evidenze più solide per confermare l’ipotesi dello studio, ha sottolineato come la concentrazione di polveri sottili possa essere considerato come un indicatore indiretto della forza di diffusione dell’epidemia Covid19.

Inoltre, gli autori dello studio hanno fatto emergere una particolare circostanza secondo la quale l’espansione del virus nelle regioni italiane ha un andamento coerente con i modelli epidemici già esistenti, con una trasmissione da persona-persona per le zone del centro sud del Paese, diversamente dalla Pianura Padana che mostra accelerazioni anomale che lasciano ipotizzare con buona ragionevolezza che sia a causa di un carrier, un veicolante, che in questo caso possono essere proprio le polveri sottili.

inquinamento e coronavirus

Come rileva Repubblica, a consolidare la tesi della correlazione tra inquinamento e coronavirus bisogna considerare anche gli studi sulle infezioni del passato, come ad esempio l’influenza aviaria che ha potuto percorrere grandi distanze grazie all’avvento di forti tempeste di polveri provenienti dalla Cina. Inoltre, uno studio dello scorso anno sulla diffusione del morbillo nella regione cinese di Lanzhou ha evidenziato come uno dei fattori maggiori che hanno favorito la trasmissione è stato proprio l’alto livello di inquinamento atmosferico di quella zona.

L’emergenza che stiamo affrontando è seria e va combattuta con tutti gli sforzi possibili. Tra le cose che possiamo fare per favorire la nostra rinascita c’è la necessità ormai improrogabile di abbassare i livelli di inquinamento e adottare comportamenti, sia a livello personale che istituzionale, che siano orientati alla sostenibilità, favorendo gli investimenti in progetti di green economy e risparmio energetico.

Perché, anche se ci sembra ininfluente, lavorare ogni giorno per un Pianeta più sano e pulito può fare davvero la differenza. E oggi lo stiamo vedendo in tutta la sua forza.

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